Info generali
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Danza Orientale
- La parola all'insegnante
- Le origini
- La musica araba

- Principali strumenti musicali
- Ritmi
- Programma laboratorio percussioni/danza

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LA MUSICA ARABA

Osiride insegnò agli Egiziani le arti e le scienze per mezzo del canto, della musica e della poesia, venivano usati durante le cerimonie sacre e nei riti funebri. Le sacerdotesse cantavano nel tempio inni ad Amon-Râ.

Platone testimonia che furono gli Egiziani, migliaia di anni prima, a scoprire il sistema musicale usato poi dai Greci e arrivato sino a noi (la Scala Diatonica fu una scoperta dei Sacerdoti di Menfi).

Anticamente la musica che accompagnava le danze era suonata con strumenti a corda come l'arpa o l'alaude, una sorta di chitarra. Le melodie venivano suonate con flauti doppi mentre il ritmo veniva reso con strumenti a percussione come tamburi, tamburelli e dei piccoli cembali metallici tenuti tra le punte del dito medio e del pollice, chiamati sagat.

Quainat
, fanciulle danzatrici, suonavano uno strumento danzando e cantando poesie, e proprio su di loro è centrata la nascita della musica araba, datata intorno al settimo e ottavo secolo d.C., prima dell’avvento dell’Islam. Lo strumento musicale delle qaynat più spesso ricordato nella poetica della jahiliyya (il periodo preislamico), è l’oud, strumento a corde simile all'odierno liuto a manico corto.

In seguito influssi persiani, greci, siriani, introdussero le pratiche musicali dei loro paesi d'origine adattando melodie e strumenti alla lingua e al gusto degli arabi e dando cosi origine ad una musica sempre più elaborata.
A tali influssi precoci, cosi come all'influsso della musica turca durante il lungo periodo dell'egemonia dell'impero ottomano, sono dovute le caratteristiche comuni che fanno della musica araba, persiana e turca tre espressioni di una stessa estetica musicale, che privilegia la melodia il canto e l'improvvisazione.

Regine del canto orientale sono da sempre le donne, seducenti interpreti della malia delle parole, maestre nell'arte del tarab, cioè l'interpretazione che genera nell'ascoltatore un rapimento estatico.
A tal proposito va sicuramente ricordata Umm Kulthum (egiziana), considerata una delle più grandi cantanti del mondo arabo. Da bambina studiò con il padre salmodiando il Corano: il suo stile canoro è infatti caratterizzato dalla dizione precisa richiesta dal canto islamico. Kulthum iniziò a incidere negli anni Venti, ancora adolescente, e recitò in diversi film negli anni Trenta, soprattutto canzoni d'amore ed era famosa per la capacità di improvvisare e creare tensione. Forte sostenitrice delle arti arabe tradizionali influenzò fortemente l'evoluzione della musica popolare nel paese. Alla sua morte, avvenuta nel 1975, tre milioni di persone in lutto si riversarono nelle strade del Cairo.

I musicologi tendono a diversificare almeno tre scuole musicali: quella Maghrebina (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia), Siro-Egiziana (Egitto, Palestina, Giordania, Libano e Siria) e Irachena (una quarta che si può definire Arabo-Africana).
La peculiarità di questo tipo di musica sta nel fatto che gli strumenti suonano tutti una medesima linea melodica, differenziandosi però in quanto alcuni suonano un’ottava sopra altri sotto rispetto alla linea melodica principale.

La musica araba ha un andamento che potremmo definire "orizzontale": non esiste la dimensione verticale di coordinazione tra le diverse voci o strumenti. Il tempo scorre senza un concetto di sviluppo, piuttosto la melodia stessa dilata il tempo colorendolo di fioriture, ricami e abbellimenti che orbitano intorno alle note di una semplice melodia, mentre il musicista, improvvisando, si lascia trasportare dalla propria emotività.
Si presenta perciò come un fluire di omofonie e fraseggi, privo di architetture sonore e di strutturazioni, che riflette il mutevole, l’indefinito, il vero spirito nomade per il quale ogni momento è a sé stante e del quale uno dei tratti più affascinanti è determinato dal contrasto tra melodia e ritmo.
Vi si aggiunge un’elaborata concezione di quest’ultimo, che costituisce l’unico elemento di coesione che intesse le diverse parti musicali, diversamente combinabili tra di loro e che assume anche il ruolo particolare e sconosciuto alla tradizione occidentale di decorazione ed abbellimento alla stessa melodia.

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